Questa è una domanda che solitamente non ci si pone, ma al contrario si pone a chi figli non ne ha. Ma ancora di più, se avere figli appare essere la logica coronazione di una vita di coppia o di una vita adulta, chi sceglie (più o meno volontariamente) di non averne viene tacciato di egoismo o viene visto come una vittima della vita stessa.
Insomma, avere figli sembrerebbe essere più un obbligo condiviso culturalmente, che una libera scelta scevra da qualsiasi giudizio morale.
Christine Overall, filosofa femminista americana, ha scritto un libro proprio su quest’argomento con l’intento di prendere in esame, in modo assolutamente non giudicante, la questione del “perché avere figli”, considerando questa come una questione etica, difendendo il diritto a procreare, ma non il dovere della procreazione.
Il libro prende in esame le varie possibilità di scelta e non scelta, la procreazione assistita, la messa al mondo di “figli salvatori”, l’aborto e riporta posizioni del panorama filosofico e intellettuale contemporaneo, fino in alcuni casi ad arrivare a dei paradossi o a delle prospettive estreme.
L’aspetto più interessante a mio avviso, è il punto di partenza e la riflessione che questo libro pone, perché non dà per scontata la genitorialità e, in un certo senso, responsabilizza la scelta di chi decide di avere figli. Le motivazioni possono essere diverse: dal voler tramandare il proprio cognome e il proprio patrimonio (genetico e non) ai motivi religiosi, colmare e rispondere a un bisogno di accudimento, il non voler essere soli, aderire alle aspettative altrui, accontentare il partner, avere qualcuno che faccia compagnia quando si è anziani …. e la lista potrebbe allungarsi …
Se si fa una ricerca nel web con la domanda “perché avere figli” si scoprirà un notevole numero di blog e di voci di quelle/i che non scelgono di diventare genitori e rivendicano il loro diritto a non esserlo. Tutto questo è il segno evidente di un cambiamento culturale (forse elicitato anche da un’incidenza sempre maggiore di coppie con problemi di fertilità) in cui accanto a persone che vorrebbero figli (ma non riescono ad averne) ci sono quelle che scelgono di non averne o che arrivano a questa decisione dopo averci provato, ma non vogliono accanirsi provando tutte le tecniche che la medicina mette a disposizione.
Negli ultimi anni, con l’emergenza crescente dei problemi di fertilità si è andata strutturando una visione magica e mitizzata della maternità e della genitorialità. Chi non può avere figli o sceglie di non averne, prima ancora di essere ascoltato, viene considerata come una persona sofferente o in qualche modo “strana”. Occorre forse trovare un po’ di equilibrio tra le parti e scoprire nella genitorialità (che viene ben prima dei problemi di fertilità) la possibilità di una scelta: un atto decisionale consapevole che non rende la vita più bella o più brutta, la cambia. In modo radicale ed irrevocabile. Forse per questo motivo, occorre riflettere sulla scelta e sulla possibilità di scegliere.
Avere figli è una scelta. Non averne anche. In entrambi i casi si tratta di liberà.